Come possiamo sentirci tranquilli dopo le “rassicurazioni” di Regione e Asl in merito al futuro dei nostri ospedali?
C’è chi ha esultato o ha speso parole di elogio nei confronti della Regione quando sono giunte “rassicurazioni “sul fatto che il Franchini di Santarcangelo e il Sacra Famiglia di Novafeltria non chiuderanno, ma sarebbe bene mantenere la guardia alta visto che non era in discussione la loro sopravvivenza, ma il timore di un loro depotenziamento e il rischio di un ulteriore svuotamento oltre a quello a cui abbiamo già assistito negli ultimi anni, ma se guardiamo oltre la poesia delle belle parole spese, se sappiamo cogliere le sfumature e soprattutto se analizziamo i fatti, si fa veramente fatica a dormire sonni tranquilli.
Quando si parla di riordino della sanità si punta il dito contro l’Asl, ma non bisogna dimenticare che l’ Asl non fa altro che dare attuazione alle scelte prese dalla Regione che ha competenza in materia, l’Asl è il braccio la Regione è la mente, è a quest’ ultima, nel bene e nel male, che vanno imputate le responsabilità.
Nell’ultimo consiglio regionale in cui si è dibattuto di sanità non sono state prese decisioni sostanziali, i dubbi restano ancora tali, se non sbaglio si sono assunti l’impegno valutare le scelte da fare assieme agli amministratori locali, ma alla fine non sarà comunque la Regione a trarre le conclusioni? Oltretutto concertare con chi governa sul territorio non sarebbe il minimo sindacale?
Quando l’ Asl Romagna parla di valorizzazione degli ospedali probabilmente si riferisce ai grandi visto che nei piccoli ospedali gli interventi più recenti sono stati di “facciata” e parliamo di facciata nel senso più stretto del termine visto tra gli ultimi interventi c’è il rifacimento delle facciate esterne dei due nosocomi, basta mettere a confronto gli ospedali di oggi con quelli di 5, 10 o 20 anni fa per rendersi conto dell’impegno profuso alla loro valorizzazione.
Gli ospedali di Santarcangelo e di Novafeltria non chiudono, anche il Santa Colomba di Savignano è ancora aperto, se varchiamo la soglia di quel nosocomio troviamo ancora personale in camice bianco, ma cos’è rimasto al suo interno oltre all’Hospice?
L’Asl parla di centralità del paziente, un principio assolutamente condivisibile, ma nei fatti in che cosa consiste? In nome della centralità e dell’ interesse del paziente in passato ci siamo sentiti ripetere spesso che i reparti devono raggiungere certi standard ovvero un certo numero di interventi o prestazioni all’anno, altrimenti sarebbe stato opportuno chiuderli per centralizzarli altrove.
E’ questa la valorizzazione che ci attende?
Loris Dall’Acqua Poggio Torriana
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